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16 dicembre 2008
IL SINDACATO DEGLI STUDENTI

Il Sindacato degli Studenti è un movimento nato nel 2002 per risolvere esigenze concrete e per promuovere, tutelare e rivendicare i diritti degli studenti. Apartitico ed indipendente
da qualunque organizzazione, si propone di informare gli studenti su
tutte le questioni che li riguardano e di cercare, con il dialogo e il
confronto, le soluzioni più utili per i loro diritti e i loro interessi.
Il Sindacato degli Studenti partecipa infatti alle elezioni dei
rappresentanti e agisce negli organi dell’ateneo (è una delle due liste
maggiori, con Ateneo Studenti, il gruppo vicino a Comunione e
Liberazione, e davanti alle altre liste, legate ai partiti) ma non si
limita a questo: dato che gli studenti sono solo il 15% dei membri
degli organi, devono mobilitarsi spesso se vogliono davvero contare. La struttura libera, democratica e non gerarchica
de Il Sindacato degli Studenti consente sia ai rappresentanti che agli
attivisti o ai semplici interessati di partecipare insieme alla
formazione e all’attuazione dei progetti volti a migliorare la
condizione studentesca.
Linee guida:
1. Solo lo studente al centro del nostro operato. Nessuna oscura strategia. Nessun calcolo di convenienza. Nessun compromesso. Soprattutto nessun finanziamento esterno: quando vedete troppe cose gratis, chiedete sempre chi paga.
2. Diritto al sapere
Ogni studente ha diritto ad acquisire durante la propria carriera,
accanto alla pur irrinunciabile formazione accademica e professionale,
una vera e autonoma capacità critica. L’organizzazione della didattica
deve essere libera da ogni interferenza, interna o esterna, che tenda a
indebolire la piena formazione degli studenti.
3. Diritto all’accesso
Vanno combattuti tutti gli ostacoli che impediscono ad alcuni studenti,
unicamente per ragioni economiche, di avere accesso alla formazione
avanzata. Vanno garantite adeguate borse di studio e una tassazione
equa e progressiva rispetto al reddito. Va garantito agli studenti
l’accesso ai servizi a costi compatibili con le loro risorse.
4. Diritto all’università come servizio
L’ateneo è luogo di didattica e ricerca: vanno impiegate risorse
adeguate su entrambi i fronti, e senza concessione alcuna ad esigenze
privatistiche che confliggano con le finalità universitarie. Gli
studenti hanno il diritto di verificare e giudicare sia la didattica
sia i servizi.
Ci trovi presso la sede dell’Asu, via S.Sofia 5
sindacatodeglistudenti@gmail.com
Il Sindacato degli Studenti, dal 2002.
Diffidate delle imitazioni!
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13 novembre 2008
LABORATORIO IN PIAZZA PER SCIENZA DEI MATERIALI
.JPG) Certo, le lezioni in piazza sono importanti; ma fare "laboratorio in piazza" è sicuramente più avvincente. Inoltre essere all'entrata nientemeno che del "Caffè Pedrocchi" sortisce un suo frizzante effetto.
Nella foto soprastante potete osservare i due gruppi di lavoro (del turno odierno, giovedì pomeriggio) mentre si stanno preparando ad effetuare misure di AFM (atomic force microscopy) con l'ausilio del docente (io non ci sono poichè impegnato a scattare la/e foto). La feroce pioggia frammista a freddo umido, tipico dell'autunno patavino, non ha scoraggiato lo spirito di chi ha fortemente sostenuto il "laboratorio in piazza" e persino di chi non lo ha voluto, ma ha fatto, seppur con un pizzico di vigliaccheria ed omertà, buon viso a cattivo gioco. Per combattere le avversità climatiche il generoso docente ha provveduto con un buon bicchierino di grappa Candolini, che ha mitigato la sensazione di ossa umide ed anche il sospetto di aver ottenuto delle misure sperimentali tutt'altro che attendibili.
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10 novembre 2008
UN PO' DI SANA INFORMAZIONE
Mi è giunta un'interessante mail che ritengo utile presentare nel mio blog. Ve la inoltro senza apportare modifiche, se non di adattamento estetico. Il merito di questo ottimo (a mio parere) lavoro di raccolta dati, condotta nella maniera meno faziosa possibile, è del prof. Franco Chemello.
Cari amici, qualcuno
di voi mi ha chiesto cosa ne penso della riforma Gelmini. Senza
affrontare lunghe questioni, permettetemi solo qualche osservazione
: Mi pare che gli unici ad ascoltare le grida di dolore
decennali di Piero Angela e degli altri convinti sostenitori che il
futuro nasca dall'investimento in scuola e ricerca siano i Cinesi e
gli indiani. I cinesi, grazie ad investimenti governativi nella sola
ricerca hanno raddoppiato la spesa dal 1995 al 2002, avvicinandosi
alla media Ocse di spesa rispetto al PIL e contribuendo per il 10%
della spesa globale in ricerca e sviluppo (per controllare le cifre
leggasi il fondamentale saggio di Popkin e Yengar, Made by Cindia,
Spelring & Kupfer, pag. 44-45) e raggiungendo il secondo posto
nel mondo per investimenti in ricerca e sviluppo nel 2006 (vedasi
tabella sotto). La Cina aumenta i suoi investimenti alla media di un
20% annuo. In India crescono dell'8%. Per non dire che India e Cina
sfornano 350.000 ingegneri all'anno a testa (e in Cina tra tecnici,
laureati e scienziati sono ogni anno 1.500.000 persone). Forse è
per questo che nei giorni scorsi il nostro capo del governo è
andato a chiedere ai cinesi di salvare l'economia italiana, europea e
mondiale, investendo nei nostri mercati. Ma non era Tremonti e tutta
la sua fazione a voler chiudere alla Cina?

Riguardo la scuola
italiana vi presento alcuni dati difficilmente contestabili, se non
da chi, ormai perso, è stato ingoiato dal pensiero unico, o
meglio da quel populismo che sfrutta il disinteresse dei più
per tutto ciò che riguarda il futuro e l'educazione (del resto
il 60% degli italiani non ha più della licenza media,
figurarsi se vogliono sentir parlare di scuola, visto che famiglie
con figli sono sempre di meno):
Qui di seguito riporto un estratto dei dati forniti
dallo studio internazionale più recente e accreditato, quello
dell'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, a cui aderiscono 30
paesi): lo studio "Education
at a Glance" è del settembre 2008, e riporta in modo
comparativo alcuni indicatori su quanto gli stati investono in
istruzione rispetto al loro PIL e al totale della rispettiva spesa
pubblica. Ecco alcuni dati, riferiti all'Italia e ad alcuni altri
paesi, relativi all'anno 2005:
(http://www.oecd.org/document/9/0,3343,en_2649_39263238_41266761_1_1_1_1,00.html per controllare i dati di dell'OCSE).
Rapporto spesa per l'istruzione sul PIL
|
%
|
Italia
|
4,4
|
Francia
|
5,7
|
Portogallo
|
5,4
|
Norvegia
|
7,0
|
Polonia
|
5,5
|
Media OCSE
|
5,4
|
L' Ue a 27, poi, è al 5,1%.
Da questo dato emerge con chiarezza che se nel
nostro paese si volesse quanto meno equiparare la spesa per
l'istruzione alla media OCSE, la si dovrebbe incrementare di un punto
percentuale, equivalente a circa 12 miliardi di Euro in più
rispetto a quanto si spende oggi. Al contrario, la riduzione di spesa
di circa 8 miliardi di Euro prevista dalla recente manovra
finanziaria riduce la percentuale al 3,9, misura che ci collocherà
presto al penultimo posto nella graduatoria OCSE.
Ecco invece il dato relativo al totale della spesa
pubblica:
Rapporto spesa per l'istruzione su spesa pubblica
|
%
|
Italia
|
9,3
|
Spagna
|
11,1
|
Irlanda
|
14,0
|
Messico
|
23,4
|
Corea
|
15,3
|
Nuova Zelanda
|
19,4
|
Stati Uniti
|
13,7
|
Repubblica Slovacca
|
19,5
|
Media OCSE
|
13,2
|
Come risulta evidente, anche su questo parametro
l'Italia risulta in posizione di notevole ritardo rispetto alla
media, collocandosi in verità all'ultimo posto nella
graduatoria generale.
I dati sono in percentuale e non in valori assoluti
(e comunque i dati OCSE in valori assoluti che pure trovate nelle
tabelle scaricabili da internet sono in PPA o PPS e quindi a parità
di potere d'acquisto) e quindi non c'entrano i distinguo di quelli
che dicono che però dipende dal diverso tenore di vita dei
diversi stati.
Le conseguenze sono evidenti: i nostri laureati
sono richiestissimi all'estero (almeno i laureati di certe
università) e loro sono costretti a fuggire, per scappare da
precariato, paghe da fame e mancanze di mezzi: con appena 32 brevetti
per milione di abitanti depositati nel 2000 all'Ufficio brevetti
statunitense (United States Patent Office), l'Italia sfigura nei
confronti della Svezia con 171,1 e 195,6 brevetti per milione di
abitanti (oltre sei volte il dato medio italiano), seguita a distanza
in classifica dalla Germania (con 121,7 nel '99 e 133,4 nel 2000) che
ha strappato la seconda posizione alla Finlandia (con 135,3 ).
E
c'è un rapporto stretto tra investimenti e innovazione: nel
1999 la Svezia e la Finlandia dedicavano agli investimenti in R&D
(ricerca e sviluppo) rispettivamente il 3,8% e il 3,19% del loro
prodotto nazionale lordo, con la Germania a quota 2,44% e la Francia
al 2,19% (pari rispettivamente al 35% e al 20% del totale degli
investimenti Ue), l'Italia si piazzava ancora una volta a fondo
classifica con un tasso di investimento rispetto al Pil dell'1,04%
nel 1999 e dello 0,98% nel '98.
Inutile dire
che le cose non cambiano se guardiamo i valori assoluti (e non il
rapporto con la popolazione) e i brevetti eropei (depositati
all'Ufficio brevetti europeo: EPO www.epo.org)
: tra il 2001-2003, infatti, l'Italia è ultima in classifica,
sulla 'torta' complessiva di brevetti europei, con solo il 3,1% dei
brevetti (7.622), a fronte del 39,7% degli Usa (94.489), il 22,6%
della Germania (56.155) e il 21,1% del Giappone (52.337). Seguono in
classifica, precedendo l'Italia, altri due paesi europei: la Francia
con il 6,9% (17.084) e la Gran Bretagna con il 6,7% (16.656).
Iinoltre dobbiamo tener conto che i brevetti italiani riguardano
comunque settori tradizionali (solo il 10% è ad alta
tecnologia). E in tempi più recenti le
cose sono ancora peggiorate per l'Italia,
superata nelle strategie innovative dalla Slovacchia (vedasi il
recentissimo rapporto del febbraio 2008 EUROPEAN INNOVATION
SCOREBOARD 2007 ealizzato per conto della Commissione
europea dal MERIT,
il Maastricht economic research institute on innovation and
technology e dal JRC,
l'Institute for the protection and security of the citizen, citato
anche in http://www.proinno
europe.eu/admin/uploaded_documents/European_Innovation_Scoreboard_2007.pdf http://www.key4biz.it/News/2006/01/18/Net_economy/Innovazione_il_nord_Europa_ancora_leader.html http://ec.europa.eu/enterprise/innovation/index_en.htm
Certo
risparmi se ne possono fare, ma non con un decreto preparato da un
ministro dell'economia e che un ministro della Pubblica istruzione
neofita avvalla senza chiedere parere a nessuno, neppure alle
commissioni da tempo istituite. E che durante la cerimonia di
inaugurazione dell'anno scolastico saluta e ringrazia tutti i
convenuti (autorità, Rai, ragazzi delle scuole, dirigenti) e
si dimentica dei suoi insegnanti (io c'ero e ho sentito con le mie
orecchie). Si può tagliare sulle cerimonie di inizio anno,
sulle spese del ministero (tanto gli Uffici studi e i vari Comitati
dei saggi, a quanto pare non servono, visto che comunque le decisioni
le prendono altri ministeri), forse sul personale ATA che soprattutto
in qualche zona d'Italia sono più dei portieri del Parlamento
siciliano (cioè un numero inimmaginabile). Ma il problema è
che se si deve spendere meglio è anche vero che comunque
bisogna investire almeno l'1% del PIL in più, mentre l'attuale
riforma prevede che i risparmi vadano nell'erario
Ma non è
vero che la scuola com'è non funziona: i dati Ocse e le varie
rilevazioni dei progetti Pisa indicano tutte che non è la
struttura, la scuola a non funzionare, ma la società che non
funziona: in tutte quelle rilevazioni il nord è ben sopra la
media OCSE e in particolar il Nordest è a livello dei
primissimi, sopra la Finlandia. Cfr i dati contenuti nel Quaderno
(Libro) Bianco della Scuola pubblicato dal ministero nel settembre
2007, che nessuno ha voluto diffondere, perché ne usciva una
scomoda verità (- es. leggasi la pag. 82, ma vi sono delle
tabelle più esplicative che il ministero ha presentato solo a
Venezia, ma non ha pubblicato sul testo generale). Quando durante la
cerimonia di inizio anno scolastico il presidente della Repubblica ha
affermato con forza che non era possibile che ogni governo buttasse
alle ortiche le riforme del precedente ha indicato proprio nel Libro
Bianco lo strumento più approfonditop per riflettere sui mali
della scuola. Comunque dai dati si evince che non è la scuola
italiana in sè che non funziona, ma una certa società
degradata e socialmente viziata da certi atteggiamenti che già
il meridionalista Gaetano Salvemini agli inizi del 900 evidenziava in
Cocò all'università di Napoli.
Ecco un
diagramma preso da un'altra fonte:
http://www.scienzaonline.com/etica/investimenti_ricerca_scientifica.html

Allora se proprio vogliamo risparmiare non
cominciamo dalle elementari, l'unico settore della scuola che non
sfigurava rispetto alla media Ocse neanche nel Meridione, ma magari
da altri settori; certo anche la scuola può concorrere,
evitando alcuni sprechi, tenendo però conto che il 95% del
bilancio va in stipendi perché è già stato
tagliato tutto il resto, visto che a scuola non ci sono neanche i
soldi per le fotocopie. Pertanto risparmiamo, ma tutti i risparmi si
reinvestino nella scuola, aggiungendovi l'1% del PIL. E poi
instauriamo pure una meritocrazia vera, ma che non sia un'altra
politicocrazia come quella dei dirigenti pubblici, dalla sanità
alle fondazioni. Invece, coma ha detto la presidente di
Confindustria, la dottoressa Marcegaglia, "questa non è
una riforma ma un taglio".
Non tiro fuori il solito,
eppur doveroso, tema degli sprechi della politica ed altre polemiche
di cui altri hanno compiutamente parlato, ma propongo solo un'ultima
riflessione: Perché si investe sempre di più nel
settore militare? L'Italia
si conferma all'ottavo posto assoluto per spese militari con 33,1
miliardi nel 2007 erano 29,9 nel 2006 (e questo incremento è
dovuto al governo Prodi... in attesa dei dati del governo
Berlusconi). Qui sì siamo perfettamente in linea con il
nostro ruolo nel G8 e sopra alla media OCSE. Ma siamo proprio sicuri
che il nostro futuro sia un destino di guerra? Contro chi? contro una
Cina che nel frattempo astutamente, lei sì, si prepara un
futuro vincente grazie a una politica longimirante?
Scusate
se mi è scappato qualche accento polemico, di cui chiedo scusa
a tutti, ma la materia "mi ha preso" e comunque c'è
chi fa di peggio, come andare a Porta a Porta e dichiarare falsamente
da ministro che mentre una maestra del modulo lavora le altre due
stanno fuori dalla porta. Dopo questo noioso sfogo vi saluto
cordialmente, in attesa della sicura approvazione del decreto
Gelmini, che dopo la sua approvazione verrà finalmente
discusso con i soggetti interessati e con gli esperti preposti (i
famosi saggi), come da dichiarazione dello stesso ministro...della
serie ti va bene sì o sì?. Mala tempora
currunt!
Franco Chemello
P.S. Elenco
qui sotto altre riflessioni che per non appesantire il già
pesante testo appongo in appendice con l'indicazione della fonte. Si
tratta comunque di dati accessibili e riscontrabili, anche se con una
certa difficoltà, da più fonti. Per approfondire:
AA.VV. L'Italia nella competizione tecnologica
internazionale. Terzo Rapporto, Franco Angeli
2002. In particolare la II parte. Per comodità però
riporto estratti di due articoli tratti da internet e che comunque
citano dati estratti dalle fonti ufficiali e che ho riscontrato nelle
mie purtroppo brevi ricerche e che sono un supporto (ma non era
comunque già risaputo?) a quanto affermo:
da
http://www.repubblica.it/2004/e/sezioni/scienza_e_tecnologia/pocaric/pocaric/pocaric.html Fra
il 2000 e il 2004, la Germania, nonostante la crisi, ha aumentato le
esportazioni del 15 per cento. La Francia del 12 per cento. In Italia
sono diminuite del 7 per cento. Perché tanta sensibilità
alla congiuntura? Proviamo a guardare le statistiche dall'altro lato.
I settori più dinamici del commercio mondiale, negli ultimi
dieci anni sono stati: farmaceutica, elettronica di consumo,
computer, macchinari elettrici, strumenti di precisione, aerei.
Insieme, costituiscono ormai un quarto di tutto l'interscambio. Sono
i beni che le statistiche definiscono high-tech, tranne i macchinari
elettrici, che rientrano nei beni a media tecnologia e sono anche gli
unici in cui l'Italia abbia una presenza significativa. Nei beni
ad alta tecnologia, la quota italiana del commercio mondiale si era
già ridotta di un quarto fra il 1996 e il 2000, dal 2,20
all'1,64 per cento...... La stessa Ocse produce ogni anno una
sorta di pagellone della scienza e della tecnologia, che classifica i
paesi industrializzati secondo 200 diversi indicatori. Nella
stragrande maggioranza, i risultati ci inchiodano nella zona
retrocessione. Il primo indicatore, ad esempio, misura gli
"investimenti in sapere", dove i ricercatori Ocse sommano
la spesa per la ricerca, la spesa per l'istruzione superiore, la
spesa per il software. Fra il 1992 e il 2000, gli anni in cui è
esplosa la "knowledge economy", il tasso di aumento di
questi investimenti, che ne sono il motore fondamentale, è
stato in Italia il più basso di tutto il mondo sviluppato.
Peraltro, l'unica cosa che è davvero aumentata è la
spesa per software: le altre due voci - ricerca e istruzione - sono,
di fatto, diminuite. Anche la Republica Slovacca investe in sapere
una quota maggiore dell'Italia del prodotto nazionale. Portogallo,
Polonia, Messico e Grecia partono più indietro di noi, ma i
loro investimenti in conoscenza aumentano dell'8 per cento l'anno, i
nostri dell'1,8 per cento. E' solo questione di tempo, perché
ci raggiungano.... Il numero di laureati stranieri che lavora
nelle università italiane è pari all'1 per cento del
personale universitario di ricerca, come in Messico e in Corea. I
laureati stranieri sono il 33 per cento nelle università di
Svizzera, Gran Bretagna e Belgio, il 27 per cento negli Usa, il 18
per cento in Danimarca. La strada, del resto, è indicata per
primi dai laureati italiani. Il 3-4 per cento di loro, ogni anno, va
a studiare e a lavorare all'estero, dove ha più prospettive di
ricerca e di carriera, oltre a stipendi che sono, di solito, il
triplo di quello che avrebbero in Italia. La stessa percentuale è
dell'1 per cento nel resto d'Europa. Non va meglio nel privato:
nell'industria italiana ci sono 3 ricercatori ogni mille addetti In
Spagna sono 4, la media europea è 5, in Usa, Giappone e Svezia
stiamo fra 9 e 10.... "La scomparsa dell'Italia industriale"
- acquistiamo molti più brevetti di quanti ne produciamo.
Inoltre, i nostri sono, per lo più, a basso contenuto
tecnologico. Solo il 10 per cento può essere definito
high-tech. E' una brutta pagella".... L'alta tecnologia
costituisce il 30% della produzione USA, oltre il 20% della
produzione dei Paesi emergenti dell'Asia, quasi il 18% in Cina, 15%
in Giappone, 12% in Europa. (34). L'Italia è tradizionalmente
specializzata su prodotti a media e bassa intensità di
conoscenza aggiunta
Roma, 12
dic. - (AdnKronos) -
Italia fanalino di coda nel mondo per
numero di brevetti ma con imprese leader, nel mercato e nella
capacità brevettuale, in alcuni comparti produttivi. Appare
così il Bel paese sul fronte imprenditoriale stando al
monitoraggio, effettuato da Unioncamere e Dintec, sulla capacità
brevettuale del nostro paese nei settori produttivi prioritari per
l'economia nazionale rispetto ai più importanti competitor
internazionali. Il monitoraggio, condotto sui brevetti depositati
all'ufficio europeo (Epo) tra il 2001-2003, mostra infatti che
l'Italia è ultima in classifica, sulla 'torta' complessiva di
brevetti, con solo il 3,1% dei brevetti (7.622), a fronte del 39,7%
degli Usa (94.489), il 22,6% della Germania (56.155) e il 21,1% del
Giappone (52.337). Seguono in classifica, precedendo l'Italia, altri
due paesi europei: la Francia con il 6,9% (17.084) e la Gran Bretagna
con il 6,7% (16.656). Tuttavia in alcuni comparti produttivi le
nostre imprese sono addirittura in cima alla classifica. Tra i
settori che reggono il confronto internazionale, le medie imprese
manifatturiere, esaminate nel rapporto annuale
Unioncamere-Mediobanca, dimostrano una discreta propensione
all'innovazione, misurata in base al numero dei brevetti pubblicati
dall'Epo: tra il 1999 ed il 2003 hanno contribuito per il 14% ai
brevetti delle imprese italiane pubblicati dall'ufficio europeo. E
ciò malgrado questo segmento aziendale rappresenti lo 0,1%
delle imprese operanti nel nostro paese ed il 3,3% del valore
aggiunto. http://www.adnkronos.com/Speciali/Mst/NotizieBox/57.html
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23 ottobre 2008
INTERVISTA INDIGNITOSA A COSSIGA
Vi riporto un'interessante nonchè abberrante intervista a Cossiga, con cui sono spiacevolmente venuto in contatto grazie ad una preziosa segnalazione. Non ho parole, se non qualche commento blasfemo da cui è meglio se mi esimo."BISOGNA FERMARLI, ANCHE IL TERRORISMO PARTI' DAGLI ATENEI"Da "GIORNO/RESTO/NAZIONE" di giovedì 23 ottobre 2008
INTERVISTA A COSSIGA
«Bisogna fermarli,
anche il terrorismo
partì dagli atenei»
di ANDREA CANGINI
- ROMA PRESIDENTE
Cossiga, pensa
che minacciando l`uso della
forza pubblica contro gli studenti
Berlusconi abbia esagerato?
«Dipende, se ritiene d`essere il
presidente del Consiglio
di uno Stato forte,
no, ha fatto benissimo. Ma poiché
l`Italia è
uno Stato debole,
e all`opposizione
non
c`è il granitico
Pci ma
l`evanescente
Pd, temo che
alle parole
non seguiranno
i fatti e che
quindi Berlusconi
farà
una figurac-
cia». Quali fatti dovrebbero seguire?
«Maroni dovrebbe fare quel che
feci io quand`ero ministro
dell`Interno».
Ossia?
«In primo luogo, lasciare perdere
gli studenti dei licei, perché pensi
a cosa succederebbe se un ragazzino
rimanesse ucciso o gravemente
ferito...».
Gli universitari, invece?
«Lasciarli fare. Ritirare le forze
di polizia dalle strade e dalle università,
infiltrare il movimento
con agenti provocatori pronti a
tutto, e lasciare che per una decina
di giorni i manifestanti devastino
i negozi, diano fuoco alle
macchine e mettano a ferro e fuoco
le città».
Dopo di che?
«Dopo di che, forti del consenso
popolare, il suono delle sirene
delle ambulanze dovrà sovrastare
quello delle auto di polizia e carabinieri».
Nel senso che...
«Nel senso che le forze dell`ordine
non dovrebbero avere pietà e
mandarli tutti in ospedale. Non
arrestarli, che tanto poi i magistrati
li rimetterebbero subito in
libertà, ma picchiarli e picchiare
anche quei docenti che li fomentano».
Anche i docenti?
«Soprattutto i docenti». Presidente, il suo è un paradosso,
no?
«Non dico quelli
anziani, certo, ma
le maestre ragazzine
sì. Si rende conto
della gravità di
quello che sta succedendo?
Ci sono
insegnanti che in-
dottrinano i bambini e li portano
in piazza: un atteggiamento criminale!».
E lei si rende conto di quel
che direbbero in Europa dopo
una cura del genere? «In
Italia torna il fascismo», direbbero.
«Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima
che divampi l`incendio».
Quale incendio?
«Non esagero, credo davvero che
il terrorismo tornerà a insanguinare
le strade di questo Paese. E
non vorrei che ci si dimenticasse
che le Brigate rosse non sono nate
nelle fabbriche ma nelle università. E che gli slogan che usavano
li avevano usati prima di loro
il Movimento studentesco e la
sinistra sindacale».
E` dunque possibile che la
storia si ripeta?
«Non è possibile, è probabile. Per questo dico: non dimentichiamo
che le Br nacquero perché
il fuoco non fu spento per
tempo».
Il Pd di Veltroni è dalla parte
dei manifestanti.
«Mah, guardi, francamente io
Veltroni che va in piazza col rischio
di prendersi le botte non ce
lo vedo. Lo vedo meglio in un
club esclusivo di Chicago ad applaudire
Obama...».
Non andrà in
piazza con un
bastone, certo,
ma politicamente...
«Politicamente,
sta facendo lo stesso
errore che fece
il Pci all`inizio del-
la contestazione: fece da sponda
al movimento illudendosi di controllarlo,
ma quando, com`era logico,
nel mirino finirono anche
loro cambiarono radicalmente registro. La cosiddetta linea della
fermezza applicata da Andreotti,
da Zaccagnini e da me, era stato
Berlinguer a volerla... Ma oggi
c`è il Pd, un ectoplasma guidato
da un ectoplasma. Ed è anche
per questo che Berlusconi farebbe
bene ad essere più prudente».
CONFRONTO
«Ieri un Pci granitico
oggi Pd ectoplasma
Perciò Berlusconi
dev`essere prudente»
[.]
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22 ottobre 2008
ASSEMBLEA ATENEO
In seguito alle proteste degli studenti il Senato accademico ha deciso un’Assemblea in ogni facoltà Giovedì 23 Ottobre dalle 10.00 alle 13.00 con blocco delle lezioni.
Qui di seguito è presentata una tabella riasuntiva per i diversi corsi di Scienze. In particolar modo per gli studenti di Scienza dei Materiali l'assemblea si terrà in Aula H del DISC a partire dalle 10.15.Corso di Studi
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Dipartimento
|
Aula
|
Indirizzo
|
Astronomia
|
Fisica
|
A Rostagni
|
via Paolotti
|
Fisica
|
Fisica
|
A Rostagni
|
via Paolotti
|
Ottica e Optometria
|
Fisica
|
A Rostagni
|
via Paolotti
|
Scienze Geologiche
|
Fisica
|
A Rostagni
|
via Paolotti
|
Biologia
|
Biologia
|
Aula Magna Valisneri
|
viale G. Colombo 3
|
Biologia Molecolare
|
Biologia
|
Aula Magna Valisneri
|
viale G. Colombo 3
|
Biotecnologie
|
Biologia
|
Aula Magna Valisneri
|
viale G. Colombo 3
|
Scienze Naturali
|
Biologia
|
Aula Magna Valisneri
|
viale G. Colombo 3
|
Matematica
|
Matemarica Pura e Applicata
|
M250
|
via luzzati
|
Informatica
|
Matemarica Pura e Applicata
|
M250
|
via luzzati
|
Chimica
|
Scienze Chimiche
|
Aula A Nasini e aula H
|
via loredan 6 e via marzolo 1
|
Chimica Industriale
|
Scienze Chimiche
|
Aula A Nasini e aula H
|
via loredan 6 e via marzolo 1
|
Scienza dei Materiali
|
Scienze Chimiche
|
Aula A Nasini e aula H
|
via loredan 6 e via marzolo 1
|
Scienze e Tecnologie per i Beni Culturali
|
Scienze Chimiche
|
Aula A Nasini e aula H
|
via loredan 6 e via marzolo 1
|
Scienze e Tecnologie per l’Ambiente
|
Scienze Chimiche
|
Aula A Nasini e aula H
|
via loredan 6 e via marzolo 1 | Mi raccomando, accorrete numerosi!!! La vostra presenza è davvero importante.
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